non sono affatto un salutista. e neppure un fumatore presuntuoso.
semplicemente mi piace fumare. non ho problemi di coscienza e rispetto gli altri.
oggi, leggendo l'articolo che ha scritto paolo mauri su repubblica (l'arte di narrare l'ultima sigaretta) mi sono ricordato di ciò che accadeva nella redazione locale de la nazione negli anni in cui ho iniziato a collaborare.
scrive mauri:
"una volta si fumava molto anche nelle redazioni dei giornali e forse è la mancanza del fumo a rendere i giornali di oggi un po' meno appetibili di quelli di qualche decennio fa."credo sia vero.
era il 1996 (o il 1997?) quando ho iniziato a scrivere, da collaboratore, per la nazione. i pochi pc utilizzavano un sistema ms dos e c'erano ancora le macchine da scrivere in redazione. esistevano i fogli modulati e prestampati per chi batteva a macchina (circa 260 caratteri -spazi inclusi- per ogni modulo) ed esistevano i poligrafici che prendevano il tuo pezzo dattiloscritto e lo inserivano in pagina.
in quel contesto si fumava una sigaretta dietro l'altra. quasi mai a turno, quasi sempre tutti assieme. una disgrazia per i non fumatori (pochi) costretti a lavorare in una cortina.
spesso non utilizzavamo neppure i posacenere. era abitudine spengere le cicce sul pavimento e soffocarle con la punta del piede. tanto, a toglierle, ci avrebbe pensato la signora delle pulizie la mattina dopo.
ok, d'accordo. ora, con l'etica del politically correct, tutto questo appare come un abuso e una mancanza di rispetto. ma io, quando ci penso, leggo questa storia con un occhio romantico. chissà.