a bologna, più esattamente al museo della musica, fino al prossimo 19 aprile resterà aperta la mostra di altan, il mar delle blatte. di questo ci parla rosa carnevale nella recensione di questa settimana pubblicata nella sezione in fumo del quotidiano exibart.
approfitto di questo evento per riproporre un'intervista ad altan che risale a un po' di anni fa -non troppi per la verità- e che ho raccolto nelle sale del museo del fumetto di lucca quando ci si avvicinava all'inaugurazione della nuova sede di piazza san romano. lui, persona cordiale e modesta, dopo la chiccherata seguì sua moglia fuori, là in piazza. lei, donna indispensabile, suggeriva indicazioni sul dove e come collocare sulla facciata del museo la sagoma della pimpa.
ecco l'intervista pubblicata sempre su exibart, ma onpaper...
Altan, hai utilizzato -e sperimentato- i principali strumenti di comunicazione. Alla fine, su tutti, hai preferito il fumetto.
E' un conseguenza naturale. La mia prima attività è stata infatti il disegno. Disegnavo fin da bambino. Da allora non ho mai smesso. Solo successivamente sono arrivate le "parole", il teatro, i cartoni animati...
Per comunicare con efficacia non è sufficiente saper disegnare. Ci vuole passione o anche talento?
Prima di tutto è necessaria la passione. Il talento è difficile da valutare. C'è quando ti è riconosce. A disegnare, invece, si può anche imparare.
Avere una buona mano aiuta...
Sicuramente. E' importante riuscire a controllare il segno. Ma se c'è la passione e il desiderio di portare avanti ricerche sempre nuove, beh, alla fine si raggiungono gli scopi. Guarda ad esempio la Pimpa. I disegni di trent'anni fa sono molto diversi da quelli di oggi. Il segno cambia perché è legato a gesti e movimenti che diventano sempre più sicuri e decisi.
Il tuo debutto come disegnatore risale agli inizi degli anni settanta, con Trino. La striscia fu pubblicata per la prima volta su Linus?
In Italia sì. Ma Trino era già stato pubblicato in Brasile, dove ho vissuto per alcuni. Pensa che l'allora direttore di Linus, Oreste del Buono, pensava fossi brasiliano a causa di un accento acquisito con la mia permanenza in sudamerica.
Negli stessi anni nasce Pimpa. Come ti è venuta in mente l'idea del cagnolino a pois rossi?
Stava per nascere mia figlia. Ero preoccupato. Pensavo a come avrei potuto giocare con lei. Alla fine ho pensato di utilizzare i "miei giocattoli": penna e carta. Ho iniziato con I libri di Kika e poi con la Pimpa, pubblicata sul Corriere dei Piccoli.
Anche il Museo Nazionale del Fumetto di Lucca ha dedicato una sala a Pimpa. Recentemente sono usciti nuovi episodi in tv. Perché ancora oggi questo personaggio piace così tanto sia ai bambini sia agli adulti?
Avendo creato la Pimpa insieme a mia figlia ho imparato le caratteristiche del linguaggio dei piccoli. E l'ho fatto mio, perché continuo a utilizzarlo anche ora che mia figlia è cresciuta. Tutto ruota attorno al gioco di colori e alla semplicità delle linee e dei personaggi. Questo linguaggio tiene conto anche dei genitori, che leggendo le storie ai bambini non si annoiano e trovano sempre qualcosa di interessante.
Il magico mondo di Pimpa si contrappone al realismo del Cipputi. In questi trent'anni hai mai sofferto per il contrasto di questi due registri narrativi così diversi tra loro?
All'inizio è stata una necessità d'espressione. Poi ho imparato a gestire le due cose. Nutro interesse per entrambi i mondi, senza che questo mi provochi contrasti. Anzi, avviene tutto con naturalezza. Un giorno racconto la realtà degli adulti e il giorno dopo il mondo di Pimpa. Non c'è niente di strano in tutto questo.
La tua produzione satirica si distingue per la sintesi grafica e di linguaggio. Una scelta stilistica che richiede impegno.
In questo tipo di lavoro inizio pensando alla battuta. Prima c'è l'idea. Ogni volta, prima di disegnare, è già chiaro nella mia mente il personaggio che dirà quella battuta. Nelle vignette niente è lasciato al caso.
Disegni i bambini con gli occhi spalancati e gli adulti con le palpebre chiuse per metà. Perché?
Beh, di fronte agli eventi i bambini dimostrano sempre grande sorpresa. Mentre negli adulti c'è assuefazione a tutto. A volte sono tristi, altre volte cattivi. Ma fai attenzione ad Armando, il padrone e amico della Pimpa. A meno che non stia per addormentarsi ha sempre gli occhi bene aperti.
Qual è il ruolo della satira?
Se ben fatta semina dubbi, minaccia le certezze e libera i sentimenti nascosti facendo esplodere idee e riflessioni nuove.
Esistono autori satirici di destra e di sinistra?
Sì. Il satirico non è colui che colpisce a 360 gradi. Se uno è contro qualcosa significa che è anche a favore di qualcos'altro...
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